Il Divo Giulio tra citazioni e polemiche postume

PoliticaIl Divo Giulio tra citazioni e polemiche postume

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il-divo-andreottiIL DIVO – Andreotti è morto: L’Italia tutta non parla d’altro, come è naturale che sia; la notiziabilità che regola il flusso informativo di ogni canale di comunicazione da ieri ai giorni a venire è completamente monopolizzata dalla morte del Divo. Rimbalzano su giornali, siti web e social network dichiarazioni, estratti di interviste e celebri immagini di repertorio che il Senatore a vita ha lasciato lungo il proprio percorso come traccia indelebile, che ha fatto e farà discutere ancora per molto tempo.

Ad esempio sulla sua pagina Facebook Roberto Saviano si esprime in merito postando uno spezzone de Il Divo, il  film di Paolo Sorrentino che ricostruisce la vita di Andreotti (la più inflazionata fonte di citazioni delle ultime ore), che riporta la celebre intervista di Eugenio Scalfari al Divo Giulio e che recita così:

Dunque, presidente, è un caso che i familiari di alcune persone assassinate la odino? La odia il figlio del generale Dalla Chiesa: dice che c’è la sua mano nell’omicidio del padre. La odia la moglie di Aldo Moro che la ritiene uno dei responsabili della morte del marito. È un caso che la odi la moglie del banchiere Roberto Calvi? Dice che lei minacciò prima e ordino poi l’omicidio di Calvi. Dice che non l’uccise lo Ior, ma due persone: Andreotti e Cosentino, che adesso è morto. E poi mi domando: è un caso che lei fosse ministro dell’Interno quando Pisciotta è stato assassinato con un caffè avvelenato? Si disse che Pisciotta avrebbe potuto rivelare i mandanti dell’omicidio del bandito Giuliano. È un caso che il banchiere Michele Sindona sia stato assassinato allo stesso modo? Anche lui, costretto in carcere, avrebbe potuto fare rivelazioni fastidiose. È un caso che tutti dicano che lei abbia ripetutamente protetto Sindona? È un caso che il suo luogotenente Evangelisti abbia incontrato Sindona da latitante, a New York, in un negozio di soldatini? È un caso quello che dice il magistrato Viola, che se lei non avesse protetto Sindona non sarebbe mai maturato il delitto Ambrosoli? E ancora: è un caso che lei annota tutto scrupolosamente nei suoi diari e dimentica di annotare del delitto Ambrosoli? Ed è un caso che nel triennio ’76-’79, quando lei era Presidente del Consiglio, tutti i vertici dei servizi segreti erano nelle mani della P2? È un caso che nei suoi ripetuti incontri con Licio Gelli, capo della P2, parlavate – solo ed esclusivamente – dei desaparecidos sudamericani? Così ha detto lei: “solo chiacchiere amichevoli”. Infine, è un caso che lei sia stato tirato in ballo in quasi tutti gli scandali di questo paese? E tralascio tutti i sospetti che aleggiano sui suoi rapporti con la Mafia. Insomma – come ha detto Montanelli – delle due, l’una: o lei è il più grande, scaltro criminale di questo paese, perché l’ha sempre fatta franca; oppure è il più grande perseguitato della storia d’Italia. Allora le chiedo: tutte queste coincidenze sono frutto del caso o della volontà di Dio?

Tanti i quesiti aperti (che mai si chiuderanno con molta probabilità); tante le domande alle quali Andreotti riuscì a rispondere placido ed impeccabile, senza perdere mai l’aplombe di politico navigato che lo ha sempre caratterizzato. Punti interrogativi che però resteranno sempre tali per gli italiani, che ancora oggi si chiedono se effettivamente il Divo sia stato un criminale di altissimo rango o un gran perseguitato dalla legge. Risposte che Andreotti ha portato con se e che l’Italia non troverà mai pace di archiviare.

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