Storici dell’arte per le vie dell’Aquila: riflessioni di uno studente

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ministro Bray

«Gli storici dell’arte riuniti all’Aquila oggi, 5 maggio 2013, intendono scuotere con forza tutte le istituzioni e ogni cittadino italiano. Vogliamo ricordare che non ha paragone al mondo la tragedia di un simile centro monumentale abitato che ancora giaccia distrutto, a quattro anni dal terremoto che l’ha devastato e a quattro anni dalle scelte politiche che l’hanno condannato a una seconda morte».
Questo è l’incipit del documento finale della manifestazione che si è svolta ieri nel capoluogo abruzzese dove gli storici dell’arte italiani si sono incontrati senza distinzioni tra insegnanti di scuola, professori universitari, funzionari del Mibac o di altri enti, studenti, dottorandi, laureandi, pensionati.
L’iniziativa, promossa e ideata dal professore Tomaso Montanari con la collaborazione dell’associazione ‘Italia Nostra’ , ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Salvatore Settis, del sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente e del neo ministro dei Beni Culturali, Massimo Bray.
Presente anche Vittorio Sgarbi che ha sottoscritto il documento degli storici dell’arte.
Il corteo silenzioso, partito dalla Fontana Luminosa, ha attraversato il centro storico della città, toccando i luoghi simbolo del patrimonio monumentale colpito dal sisma del 2009 e ora abbandonati a se stessi. Dopo aver osservato i palazzi e le chiese feriti dal terremoto e ora ingabbiati in fredde impalcature, i circa cinquecento storici dell’arte che hanno risposto all’appello, si sono riuniti all’interno della chiesa di San Giuseppe Artigiano dove sono state trattate numerose tematiche e dove si è chiesto di rinunciare ad ogni progetto di trasformare l’Aquila in una sorta di Aquilaland.

Questo che avete appena finito di leggere è un breve resoconto ‘giornalistico’ della manifestazione di ieri, così come lo si legge o lo si è visto nei non numerosi articoli o video di blog, telegiornali e web magazine (non si era mica sposata la Marini!)
Nelle ore seguenti, sui maggiori social network, si sono susseguiti i commenti infervorati delle persone che hanno partecipato all’evento dove, in alcuni casi, è stato enfatizzato l’operato delle personalità presenti.
Anch’io ho partecipato alla manifestazione, ma più che entusiasta, sono tornato a casa disgustato. Non certo per l’iniziativa, lodevole non c’è che dire, ma per alcuni aspetti che ho colto osservando ciò che mi accadeva intorno. Naturalmente queste sono solo miei opinioni, come tengo a precisare ogni volta che esprimo un giudizio personale sulle pagine di questo giornale. Non credo di detenere la verità assoluta e sono sempre pronto al confronto, purchè sia con persone educate, anch’esse pronte alla discussione e non alla controproducente invettiva.
Innanzitutto mi è sembrato tutto fine a se stesso, atto a celebrare e sponsorizzare personaggi che tentato di emergere o in qualche caso ‘riemergere‘ sulla scena politica o accademica, piuttosto che porre le basi per un aiuto più concreto alla città. Durante le interviste e gli interventi, con le proprie dichiarazioni, questi personaggi, tra le citazioni erudite e le autocitazioni, hanno solo cercato di ingraziarsi il pubblico con attacchi ai governi precedenti e con ovvietà: non eravamo certo giunti lì per sentirci dire ‘radiamo al suolo ciò che resta di questi inutili vecchi edifici’.

Nessuno ha capito perchè Vittorio Sgarbi si trovasse lì. Non ha partecipato al corteo ed è arrivato in ritardo alla conferenza dove ha prestato poca attenzione alle parole degli oratori. Ancor prima che l’ultimo relatore terminasse il proprio discorso, ha lasciato la chiesa di San Giuseppe Artigiano accolto dai giornalisti e da ragazzi sorridenti che chiedevano di farsi fotografare con lui. Nonostante tutto, compare sistematicamente negli articoli (ad esempio, anche se negativamente, ho dovuto menzionarlo anch’io).

Il ‘corteo silenzioso’, partito in ritardo probabilmente a causa della pioggia, è stato un veloce pellegrinaggio all’interno di un ‘museo degli orrori’, senza che nessuno si soffermasse un minuto per spiegarci la storia dei resti che stavamo osservando. Avrei preferito una vera riflessione sulle condizioni degli edifici aquilani, ma non potevamo far aspettare la conferenza dove siamo chiamati come spettatori dell’autocelebrazione. A mio avviso la buona fede e l’entusiasmo degli studenti è stata strumentalizzata per registrare il maggior numero di presenze.
I giornalisti hanno contribuito a tutto ciò, focalizzandosi sulla presenza del neo ministro, seguito passo passo da telecamere, flash e microfoni.
Per alcuni docenti, invece, il corteo è stato un’occasione per incontrare i colleghi di altre città, tra abbracci e risate sguaiate. I più pietosi inseguiva Settis o il ministro per sponsorizzarsi.

OLTRE IL CORTEO – Il mio rammarico è dettato anche dal fatto che non è stata data voce agli aquilani, al popolo, a coloro che hanno perso la propria casa e la propria identità territoriale. Ecco perchè, accompagnato da un amico e da un’amica, ho abbandonato il corteo alla ricerca di qualcuno che mi raccontasse cosa sta succedendo realmente a l’Aquila.
Così siamo stati invitati a visitare una casa ubicata nel centro storico in un palazzo cinquecentesco con rifacimenti del Settecento. Accompagnati dall’anziana proprietaria, abbiamo assistito allo scempio delle messe in sicurezza che per questioni ignote avevano puntellato, rovinandoli, degli affreschi vecchi di secoli. I tiranti di acciaio potevano essere posizionati in altro modo, cosa che è accaduta in seguito alla denuncia e alle lamente della signora, ma ormai il danno è stato fatto. Ci sono stati mostrati gli affreschi del soffitto ‘riemersi’ dopo il crollo della controsoffittatura. Poi, tra le lacrime, l’anziana signora ha preso un libro sull’Abruzzo e siamo scesi. Ai stessi proprietari è vietato entrare in casa.
Abbiamo anche parlato per lungo tempo con la barista di un noto bar della zona che ci ha raccontato dei giornalisti che volevano ascoltare solo storie di dolore, della frustazione per il non poter entrare nella propria casa, di non poterla ristrutturare con le proprie forze perchè i lavori di ristrutturazione sono in mano a due o tre ditte di amici di potenti. Così la più grande ditta edilizia della zona è fallita perchè esclusa dai lavori.
Credo che questo dovevamo fare, invece di girare come pecore, per essere testimoni della verità e non di ciò che ci raccontano.

 SCENA SURREALE – Dal nostro arrivo e fino alla fine della manifestazione, l’Aquila ci ha accolti nel più totale silenzio, un silenzio disarmante, indice dello stato sofferente in cui versa. Se si escludono gli storici dell’arte, per le strade c’erano davvero poche persone. Poco prima di arrivare allo spiazzo dove ci attendevano i pullman che ci avrebbero condotto a casa, io e il mio amico Vincenzo, (storico dell’arte laureato a pieni voti, ma senza prospettive di lavorare nel proprio campo, almeno in Italia), ci siamo recati al bar di piazza del Duomo per un ultimo caffè. Dopo aver sorseggiato ‘l’amarezza’ da una tazzina bollente, ho dovuto dare ascolto al richiamo della natura, mentre il mio amico mi aspettava all’uscia del bar. Dopo aver completato le  mie ‘pratiche’, ho raggiunto Vincenzo che appena mi ha visto ha esclamato:«Ho appena assistito ad una scena tratta da un film di Sorrentino!»
La calma aquilana era stata spezzata dai cori e dallo sventolare di bandiere dei tifosi juventini che sono comparsi dal nulla per festeggiare lo scudetto appena conquistato, mentre nello stesso momento il corpo di San Pietro Celestino V Papa veniva traslato con una teca di vetro per il 7° centenario della sua canonizzazione.
Tutto questo nello scenario che già vi ho raccontato: palazzi squarciati, cantieri fermi e impalcature mute.
L’Italia ancora una volta si è dimostrata terra di contrari, dove le priorità sono molto diverse da persona a persona.

CHI MERITA UN GRAZIE – Per concludere vorrei ringraziare le organizzatrici dei pullman partiti da Napoli. Ragazze che, rimboccatesi le maniche, da settimane hanno programmato il viaggio in modo che tutti noi potessimo raggiungere il capoluogo abruzzese facilmente e comodamente. Grazie al loro lavoro, il gruppo napoletano di storici dell’arte è risultato essere il più numeroso accorso all’Aquila.
Vorrei ringraziare anche tutti quei studenti e studentesse che si sono mobilitati e che in qualche caso si sono commossi per quello che hanno visto in Abruzzo.
Non tutti sono accorsi per compiacere il proprio ego o quello dei docenti. Non tutti si sono svegliati di prima mattina solo per dire ‘io c’ero’.
Infine, vorrei concludere con le parole che erano scritte sui fogli mostrati durante la conferenza e che sono stati distribuiti proprio dalle solerti organizzatrici dei bus napoletani: non c’è più tempo per aspettare domani.

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