Come il personaggio di Robinson Crusoe, ripreso dal film Cast Away, José Salvador Alvarenga è sopravvissuto in mare, per 15 mesi dal 21 dicembre 2012 al 30 gennaio 2014, nell’Oceano Pacifico. In condizioni ben più peggiori del famoso personaggio della pellicola di Steven Spielberg. Alvarenga non si trovava su terraferma, ma in balia del mare e insieme a lui un “compagno” di sventura, l’aitante messicano Ezequiel Cordoba che era partito con lui, a largo delle coste messicane, per una battuta di pesca.
A causa di un’avaria del motore e all’improvvisa tempesta il 37enne di origine salvadoregna e il messicano si sono persi in mano fino a trovarsi alla deriva dell’atollo di Ebon, a 6.700 miglia di distanza dal punto di partenza. A distanza di un anno circa ora tutto il mondo potrà conoscere la sua storia. Un giornalista del Guardian, dopo 44 interviste ha scritto l’avventura di Alvarenga, con una trama da film, e proprio in questa trama si evince anche la sorte toccata al suo compagno di viaggio che non è riuscito a sopravvivere rifiutandosi di mangiare pesci e carne d’uccello cruda e bere urina e sangue di tartaruga. Dopo il decesso di Ezequiel, Alvarenga, ha tenuto il suo corpo per qualche giorno prima di affidarlo alle acque dell’oceano, forse per avere ancora un po’ di compagnia.
A distanza di un anno, però, la famiglia di Ezquiel Cordoba ha fatto sentire la sua voce dopo aver letto il libro incentrato sulla vicenda di José Salvador Alvarenga, convinto che il ragazzo sia stato invece vittima di cannibalismo richiedendo un risarcimento di un milione di dollari al naufrago sopravvissuto. L’avvocato di José, Ricardo Cucalon, sostiene però che la famiglia Cordoba voglia solamente lucrare su tutta la vicenda a causa degli incassi del libro.