Vitamina D bassa nei bimbi italiani: la cura è mezz’ora di sole

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La vitamina D bassa nei bimbi italiani è un dato che dovrebbe allarmare tutti i genitori italiani, storicamente molto protettivi nei confronti dei loro figli. La Società Italiana di Pediatria (SIP), la Società Italiana di Pediatria Preventiva e sociale (SIPPS) e la Federazione Medici Pediatri (FIMP) hanno realizzato il primo documento ufficiale sulla carenza di vitamina D in Italia, ma soprattutto sugli effetti in età pediatrica.

bambini al sole

Ben il 50% dei bimbi italiani, e in alcuni casi si toccano picchi fino al 70%, ha carenza di vitamina D. Nuove ricerche scientifiche spiegano che la vitamina D non è soltanto necessaria per le ossa, in quanto è fondamentale anche per combattere alcune malattie come il diabete mellito 1, l’asma, il morbo di Chron, la dermatite atopica, la sclerosi multipla e persino l’obesità. La vitamina D bassa negli adolescenti italiani si chiama ipovitaminosi D. Nei casi più gravi causa il rachitismo, oggi molto rara, che deforma le ossa fino a provocare disabilità. Forse non lo sai, ma la vitamina D è fondamentale per la sintesi del calcio osseo: il processo di fissazione del minerale nelle ossa avviene nelle prime due decadi dello sviluppo di un essere umano.

“È intorno a 20 anni infatti che si raggiunge il picco di massa ossea: il valore massimo di mineralizzazione dell’osso quindi tanto maggiore è il picco tanto minore è la probabilità di andare incontro all’osteoporosi nelle età successive della vita, soprattutto dopo la menopausa“, ha spiegato Giuseppe Di Mauro, presidente della Sipps. L’accumulo di calcio deve avvenire fra 0 e 18 anni e, per questo, sono fondamentali tre fattori: una buona mappatura genetica, che si eredita dai genitori, un’adeguata assunzione di calcio (almeno il 50%) del fabbisogno giornaliero, l’attività fisica e, appunto, un sufficiente livello di vitamina D, che equivale a una concentrazione ematica maggiore o uguale a 30 nanogrammi per millilitro.

Attraverso l’alimentazione si riesce ad accumulare appena il 10% di vitamina D, tutto il resto si accumula con un processo di sintesi naturale che si attua grazie all’esposizione della radiazione solare UV. “I bambini e gli adolescenti trascorrono un tempo eccessivo in ambienti chiusi, impegnati in attività sedentarie: pc, tablet… Dovrebbero stare di più all’aperto, basterebbe esporre gambe e braccia tre volte a settimana a mezz’ora di sole“, ha spiegato Giuseppe Saggese (coordinatore scientifico del Consensus “Vitamina D in età pediatrica”).
I soggetti più a rischio (a rischio nel senso di scarsa propensione di sintesi attivabile con l’esposizione alle radiazioni solari) sono i fototipi scuri, cioè quelli che vantano una cute più scura e naturalmente più protetta dai raggi. Anche l’utilizzo eccessivo di creme con filtri solari alti (in molti casi casi potrebbe anche bastare un fattore 15), come anche il coprirsi molto per ragioni culturali, religiosi e per semplice abitudine. Anche la stagione e la latitudine sono determinanti: in inverno vitamina D viene sintetizzata pochissimo per una questione di inclinazione dei raggi solari. Così come più ci si allontana dall’equatore meno la radiazione UV è efficace. Infine, le malattie croniche, che affliggono il 20 per cento dei bambini e dei ragazzi italiani.
Durante il periodo dell’allattamento, bisogna sapere che il latte materno è carente di vitamina D ma ha tutte le specifiche funzioni naturali per agevolarne l’assunzione, quindi è fondamentale allattare naturalmente il proprio bebè almeno fino ai due anni di vita; durante l’adolescenza le ossa sono ad accrescimento rapido, a tale proposito Giovanni Corsello dice:  “Supplementare o no dipende dallo stile di vita del ragazzo: se non fa attività all’aria aperta, se non segue una dieta che prevede regolare assunzione di latte latticini yogurt, se fa uso abituale di tè caffè e alcol che interferiscono negativamente con l’assorbimento del calcio“. Staccateli dal pc dunque a questi ragazzi e bambini: portateli al parco, farà bene a voi ma soprattutto a loro!

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