LE QUOTE ROSA OFFENDONO LA DONNA

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Sempre più spesso si parla di pari opportunità, sempre più spesso si parla della donna e di tutti gli ostacoli che incontra nel mondo del lavoro e nella vita di tutti i giorni. Ostacoli procurati dal retroterra culturale che ci portiamo dietro, dal "maschilismo". Fenomeno assai diffuso a dire il vero. Molto attuale e dibattuto è anche il tema della donna in politica. Diffusa e assai caldeggiata è la proposta delle cosiddette quote rosa, vale a dire l'inserimento di una percentuale minima di presenza del gentil sesso nel Parlamento nazionale e nei parlamentini regionali. Una proposta che a prima vista ha il sapore della giustizia e dell'equilibrio in un'ottica di assoluta parità tra uomo e donna. Ma è davvero così?

Partiamo dalla fonte prima, dalla nostra Costituzione. L'articolo 3, il famoso articolo sull'eguaglianza, sancisce che "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

Interessante per il nostro caso è il secondo comma,"È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale…" Non si deve cioè creare una sorta di canale privilegiato per il più debole e portarlo così alla pari con il più forte bensì bisogna "rimuovere" (quindi non aggiungere qualcosa ma togliere qualcosa) le barriere e gli ostacoli che "impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Questo cosa significa? Che lì dove esistono palesi e grossolane diversità di trattamento bisogna intervenire affinchè l'ostacolo non ci sia più. L'errore interpretativo è tutto qui.

Si obbligano i partiti a comporre le liste in base al sesso, introducendo quindi un discrimine di genere, che è proprio quello che in teoria andrebbe eliminato. Le donne in politica sono numericamente inferiori rispetto agli uomini? Sicuramente si. Siamo sicuri che la minore presenza femminile sia dovuta "ai soliti maschi"? Oppure sono le donne stesse che effettivamente non si avvicinano molto alla politica attiva? La donna moderna, grazie alle conquiste di questi anni, è costantemente e brillantemente impegnata su un doppio fronte, la carriera lavorativa da un lato e la cura della famiglia dall'altro. Forse questo impegno doppio e meritevole rispetto all'uomo scoraggia la donna dall'intraprendere un'attività che assorbe finanche 18-19 ore al giorno? La mia è una chiave di lettura, magari sbagliata. E se davvero esistono motivi di discriminazione verso le donne in politica certamente bisogna intervenire. Le quote rosa però offendono le capacità della donna e introducono un obbligo alquanto bizzarro per li partiti i quali, se dovessero trovarsi con un numero effettivamente basso di donne tra le proprie fila, sarebbero costretti ad andare in giro ad assoldarne qualcuna per ottemperare all'obbligo legislativo accrescendo così il sentimento di sfiducia dei cittadini verso le istituzioni e minando ancor di più la credibilità della politica.

Giusto incentivare la partecipazione attiva della donna, giusto affidarle incarichi di responsabilità. Ingiusto prescriverlo per legge. E' come se obbligassimo i commercianti ad avere lo stesso numero di commessi uomini e donne oppure Striscia la Notizia ad avere una velina e un velino! Non è con questi rimedi raffazzonati che si costruisce l'eguaglianza ma con interventi specifici e chirurgici, laddove necessari, e con una nuova cultura egualitaria che investa l'ambito socio-culturale dei cittadini piuttosto che quello burocratico-normativo. Convincimento e persuasione sono più efficaci di obbligo e costrizione laddove l'obbligo intervenga in un ambiente che non ha percepito e fatto proprio il più generale concetto di eguaglianza.

Umberto Salvatore

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