Le fonti delle organizzazione per i diritti umani e dei comitati di coordinamento locali (proteste-antigovernative) ci riferiscono che in Siria è ancora sangue. Quattro civili sono stati uccisi nel corso di alcune operazioni dell'esercito a Houle, nella provincia di Homs. Arrestati in massa e interrogatori a tappeto sono in corso a Dayr az Zor, città nell'est del paese dove sono stati schierati carri armati.
Una Siria su cui si ripercuote lo schema di azione già avvenuto in Libia. Erano palesi i conflitti latenti dovuti da punti di frizione, miscuglio etnico e aspettative economiche che non si realizzavano mai. Il popolo siriano si ribella ad un regime dittatoriale di Assad che man mano perde ogni consenso territoriale conservando solo quello reale.
Comunque sia la rivolta continua e i carri armati sono penetrati in diversi quartieri della città e i bombardamenti sono segnalati almeno in tre settori, appunto come nel capoluogo della regione orientale dell'Eufrate e le autorità siriane temono che Dayr possa trasformarsi in un nuovo epicentro della rivolta.
Su internet appaiono i primi video che riprendono le nubi di fumo in cielo. Sarebbero circa 250 tra banditi e mezzi corazzati coinvolti nella rivolta. La situazione non è delle migliori ad Homs, circondata anche la moschea di Jaled Ben Walid, oltre ad aver tagliato la strada di Cairo, che separa due quartieri.
Ad Haula, sono state tagliate tanto le linee telefoniche della rete fissa che di quella mobile, interrotta l'erogazione dell'energia elettrica; e secondo alcune fonti, una colonna di 40 blindati e' uscita dall'accademia militare insieme a 20 autobus con membri delle forze di sicurezza.