I gay sposati all’estero hanno diritto ad una vita familiare in Italia

CronacaI gay sposati all'estero hanno diritto ad una vita familiare in Italia

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Il Tribunale di Reggio Emilia ha deciso in una sentenza che i gay sposati all’estero sono una “famiglia”, pertanto se un coniuge non è italiano ha diritto al permesso di soggiorno. Il Tribunale ha accolto il ricorso di una coppia sposatasi in Spagna e composta da un italiano e da un uruguaiano, coppia che, tornata a casa dopo il matrimonio celebrato a Palma di Maiorca, aveva ricevuto il ‘no’ della Questura di Reggio Emilia. Il coniuge uruguayano, aveva sottolineato il questore Domenico Savi, non è originario di un paese membro dell’Unione Europea pertanto non può vivere in Italia.

Nessun ricongiungimento famigliare per gli sposi, quindi, quel principio che consente a chi è italiano, o vive in Italia con permesso di soggiorno, di accogliere i propri famigliari per riunire il nucleo affettivo. Perché la legge Bossi – Fini, che disciplina l’immigrazione impedisce agli extracomunitari di accedere a questo passaggio visto che in Italia il matrimonio gay non è riconosciuto.

Nel ricorso, presentato dall’avvocato Giulia Perin e concordato con il direttivo Certi Diritti, associazione radicale impegnata nella promozione della libertà sessuale, infatti, non si è chiesta l’approvazione del matrimonio spagnolo ma il diritto per i coniugi, sebbene non riconosciuti, ad avere una vita familiare in Italia.

Gli avvocati, per convincere il giudice, hanno fatto riferimento alla recente sentenza n. 1328/2011 della Corte di Cassazione, che afferma da un lato la nozione di “coniuge” prevista dall’art. 2 d.lgs. n. 30/2007, che deve essere determinata alla luce dell’ordinamento straniero in cui il vincolo matrimoniale è stato stipulato. E dall’altro, che lo straniero che abbia contratto in Spagna un matrimonio con un cittadino dell’Unione dello stesso sesso deve essere qualificato quale “familiare”, ai fini del diritto al soggiorno in Italia.

Un principio sancito anche dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 138 del 2010, che riconosce “il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia” all’unione omosessuale “intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso”.
Il verdetto, quindi, è stato favorevole e il giudice Domenica Tanasi ha acconsentito affinchè la coppia di omosessuali possa vivere Italia.
La sentenza riprende il provvedimento della Corte Costituzionale dimostrando l’importanza che assumono le aule giudiziarie nel riconoscimento dei diritti delle persone gay,e come ha ricordato il giudice Tanasi, rigettare l’istanza avrebbe inoltre potuto configurare una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, la cui illegittimità è stata più volte ribadita dalle normative europee e in particolare, recentemente, da una risoluzione di portata storica, approvata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite il 17 giugno 2011.

 

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