25 aprile: il corteo a Salerno come spunto di una riflessione…

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Basterebbe partire dalle immagini del corteo a Salerno, organizzato dalle sigle sindacali, per commemorare il 25 aprile, “Festa della Liberazione”, che ricorda la fine dell’occupazione nazi-fascista, in Italia. Un assessore della provincia, di centrodestra, prova a prendere la parola dal palco. Partono cori e contestazioni. L’assessore non potrà parlare. La sua colpa è quella di far parte di una Giunta, presieduta da quel Cirielli, che in vista del 25 aprile ha pubblicato un manifesto “scomodo“. Nel quale, dopo aver esaltato valori condivisi come democrazia, libertà, e l’importanza della Resistenza, ha “osato” ricordare i morti di serie B. I morti della “parte sbagliata”. Anzi peggio. Ha osato rammentare quello che è ormai risaputo: anche la storia partigiana ha dei coni d’ombra. Basterebbe semplicemente accettare un dato di fatto:anche la storia dei partigiani, è storia di uomini, per cui intrinsecamente fallibile. Nessuna volontà di oscurare un momento fondante della nostra nazione; ma giungere ad una verità “assoluta” e valida per tutti è auspicabile. Cedendo qualcosa all’enfasi retorica, si potrebbe dire che questa ricerca della verità sia dovuta proprio a quanti hanno donato la propria vita, per la libertà.

Fino a quando ci saranno episodi come quello di Salerno, fino a quando le celebrazioni per il 25 aprile saranno monopolizzate da una precisa parte politica, difficilmente questa festa sarà condivisa da tutti. Non condividerla non significa essere fascista, né rifiutare la democrazia, e la libertà: significa non volerne esserne esclusi. Un processo difficile, che spetterebbe alle nuove generazioni, che di fascismo ne hanno forse sentito parlar dai nonni o dai bisnonni, e di comunismo dai papà. Peraltro, negare l’intervento ad una istituzione, ma a qualsiasi essere umano, è liberticida, è antitetico ai valori che oggi coloro che lo hanno fatto vogliono celebrare. Un ultimo inciso: oggi nel trionfo dell‘antipolitica, si parla molto di coerenza politica, si criticano i “voltagabbana”, le “bandiere”. I morti di “serie B”, quelli che scelsero Salò, la parte sbagliata, furono coerenti con le loro idee, e con un percorso, per certi versi suicida, che l’Italia aveva intrapreso. 72 anni dopo, se persiste la spaccatura, e se sui social network ci si divide con link irriverenti da una parte e dall’altra, la strada da fare, per la nostra nazione, è ancora lunga e difficile. Il 4 luglio americano, il 14 luglio francese, per citare due feste nazionali importanti, non sono motivo, ulteriore, di spaccatura, e le bandiere simbolo sono quelle nazionali, non quelle partitiche.

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