Non si può che restare piacevolmente sorpresi dalla rilucente raffinatezza della nuova sezione del Museo Nazionale di Capodimonte, allestita negli «spazi privati» che furono abitati dai Borbone e in seguito proprietà dei Savoia, interamente dedicata all’arte dell’Ottocento.
Più di 200 dipinti, sculture, oggetti d’arredo, ma anche tessuti e tendaggi d’epoca si dividono tra le sette sale, creando un’atmosfera molto più ‘intima’ e ‘rillassante’ rispetto all’angusto e caotico spazio difficilmente visitabile in cui erano imprigionate precedentemente.
Solo una minima parte delle opere esposte nella nuova sezione proviene dalla Galleria dell’Ottocento, il resto è il frutto di un lungo lavoro di recupero di esemplari mai esposti al pubblico.
Pareti colorate ad ‘arte’ (ad esempio il colore verde scelto per le pareti dello studio è quello che preferivano i Borbone per questo genere di stanza) dove fanno capolino sculture e bozzetti di Gemito, affiancate magistralmete da opere di De Nittis, Gigante, Morelli, Palizzi, Toma, Boldini e tanti altri.
Dopo numerosi scempi raccontati e vissuti dell’attività museale partenopea, finalmente uno spiraglio di luce traspare da queste sale, una perla di cui andare fieri, da mostrare con vanto ad amici e parenti.
Ottima anche la scelta del metodo di nomenclatura delle opere: non c’è nessun cartellino vicino alle opere che ne attesti autore e titolo, ma al loro posto una serie di pratiche tavole esplicative con la posizione di ogni oggetto nella stanza, segnati da un numero che rimanda al titolo e alla paternità.
Di grande effetto l’opera scultorea ‘I parassiti‘ di Achille D’Orsi posizionati di fronte all’entrata dell’ultima sala.
Naturalmente le enormi tele di Filippo Palizzi (Dopo il dilivio) Domenico Morelli (Gli Iconoclasti) e Michele Cammarano (La breccia di Porta Pia) sono rimaste al 3°, ma il parquet è in manutenzione e l’esposizione è stata rimodernata.
Da visitare più e più volte, queste sale per splendere ancora di più hanno bisogno del vostro stupore e della vostra irrefrenabile voglia di ‘bello’.
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