La Nasa, grazie a questi satelliti spaziali ha potuto svolgere grandi passi in avanti e allora tutti noi ci chiediamo: Perché l’impatto? Ciò deve accadere perché la loro orbita bassa e gli scarsi livelli di combustibile ormai non consentono altre operazioni scientifiche. Sono molto dispiaciuti gli addetti ai lavori, i quali hanno seguito da lontano i percorsi di Ebb e Flow, come se fossero due piccole creature. Maria Zuber del Massachisetts Institute of Technology di Cambridge, primo ricercatore della missione, ha dichiarato: “Sarà difficile dirgli addio. Le nostre piccole gemelle robotiche sono state membri esemplari per la famiglia Grail, la scienza planetaria è progredita in modo sostanziale grazie ai loro contributi”. David Lehman, responsabile del progetto, ha commentato: “Spero ancora che una stazione di servizio si avvicini alle navicelle, le tiri su, le rifornisca di carburante e le renda autonome per altri sei mesi. La missione è quasi finita. È un momento abbastanza triste per noi. In ogni caso, la nostra squadra ha fatto un ottimo lavoro”.
Purtroppo, nessuno potrà immortalare l’evento in quanto gli impatti avverranno di notte e non si avranno immagini in diretta. Lo schianto è previsto per le 23.30 (ora italiana) ma dalla terra non sarà visibile. Insomma, l’unico fortunato che potrà assistere alla fine della missione sarà Lro (Lunar Reconnaissance Orbiter), il quale osserverà questi piccoli lampi luminosi, attraverso sensibili strumenti. La collisione avverrà alla velocità di 6.000 chilometri all’ora e i due satelliti saranno a distanza di 30 secondi l’uno dall’altro. Per poter preservare i siti archeologici dove sbarcarono gli altri programmi lunari di Apollo, Surveyor, Luna e Lunokhood, l’epilogo avverrà a nord presso il cratere Goldschimdt, considerato ormai un vero e proprio cimitero delle sonde spaziali. Prima di dire addio, la Nasa ha deciso di tenere accesi i motori delle sonde finché il propellente nei serbatoi sarà terminato del tutto. Non è una scelta casuale questa: ciò sarà molto importante perché permetterà agli ingegneri di prevedere quanto carburante sarà necessario per le prossime missioni, anche quelle in cui sarà presente l’uomo.
Addio a questi infaticabili robot. Benvenuti a quelli che verranno.