Parolisi uccise la moglie Melania Rea per un rapporto sessuale negato

CronacaParolisi uccise la moglie Melania Rea per un rapporto sessuale negato

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CASO REA – Sono passati quasi tre mesi dalla sentenza in cui Salvatore Parolisi veniva condannato all’ergastolo per aver ucciso la moglie Melania Rea. Ad oggi sono state depositate e rese note le motivazioni della sentenza attribuita all’ex caporalmaggiore al quale sono state comminate le sanzioni accessorie: dall’interdizione perpetua dai pubblici uffici alla perdita della patria potestà genitoriale.

Le 67 pagine del giudice che ricostruiscono l’intera vicenda lasciano tutti di stucco. L’accusa ha sbagliato a muoversi sull’ipotesi di tradimento o circuire l’accaduto. In realtà, Parolisi, sarebbe stato preso da un raptus per un rapporto sessuale negato. E anche se viveva una vita parallela con un’altra donna, non c’entrano niente amanti o segreti di caserma. Secondo la ricostruzione del Gip di Teramo, Marina Tommolini: «è maturato nell’enorme frustrazione vissuta da Salvatore Parolisi nell’ambito di un rapporto divenuto impari per la figura ormai dominante di Melania». Una figura diventata dominante, probabilmente, a seguito di tutti i tradimenti e bugie dette da Salvatore che a questo punto non appare più come uno ‘sciupafemmine‘, ma come un ‘frustrato‘: il gup parla infatti di ‘rapporto impari‘ con la donna nel ruolo di ‘figura dominante‘ della coppia.

Quel pomeriggio del 18 aprile di due anni fa la famiglia Parolisi era andata a Colle San Marco, ma: «Melania non gradendo la scarsa igiene delle altalene dei piccoli e trovando il gioco sull’altalena dei grandi pericoloso per la figlia, ha proposto di lasciare il pianoro e di andare al chiosco della pineta (a Ripe di Civitella, ndr), curiosa di conoscere i luoghi ove si addestrava il marito e in cui era già stata, dovendo però desistere per la neve».

Così mamma e figlia si sono incamminate verso la staccionata e quando Salvatore Parolisi le ha raggiunte sono salite in macchina. Durante il tragitto Melania ha ricevuto due telefonate alle quali non ha risposto, forse a causa della musica troppo alta che le ha impedito di sentire il telefono squillare o per aver disinserito la suoneria per far addormentare la figlia. Sono le 15-15.05 quando la coppia è arrivata sul luogo del delitto. Secondo il giudice la bambina era in auto a dormire, la temperatura è più fredda e Salvatore ha nello zaino il pantalone militare e la relativa casacca in goretex. Così li indossa sopra ai suoi abiti «munendosi di un coltello a serramanico forse per cercare un albero della cuccagna da portare alla suocera o forse per tagliare un qualcosa da mangiare che Melania aveva portato per la merenda della bambina, senza poter escludere che avesse anche le scarpe ed i guanti militari». A questo punto Melania deve fare pipì e va dietro al chiosco. Per il giudice, suo marito, vedendola seminuda, verosimilmente si eccita, l’avvicina e la bacia per avere con lei un rapporto sessuale. Melania però lo respinge, probabilmente per il problema dell’ernia e per la presenza della figlia in macchina che dorme.

Melania Rea avrebbe poi rimproverato il marito pesantemente, e quest’ultimo reagisce all’ennesima umiliazione sferrando i primi colpi. Così Melania tenta di reagire, prova a prendere il cellulare che probabilmente ha nel giacchino, ma con i pantaloni ancora abbassati cade in ginocchio, e, con le braccia divaricate, si appoggia sulle tavole. A questo punto, in pochi minuti, si consuma la tragedia di una storia ormai sull’orlo del precipizio e saranno tutte le bugie di Parolisi ad incastrarlo.

«Nel tentativo di allontanare i sospetti che lo vedevano come il maggior indiziato per il delitto di Melania – si legge ancora nelle motivazioni – ha fornito una mole di menzogne (così com’era solito fare nella propria vita quotidiana) che, inconsapevolmente, se valutate unitamente a tutti gli altri elementi raccolti, hanno costituito una sorta di confessione». Confessione mai fornita agli inquirenti perché Salvatore ancora oggi continua a dichiararsi innocente.

Quindi ciò che ha spinto il giudice alla condanna dell’ergastolo è un’aggravante specifica: ‘la mancanza di pentimento‘. Anzi, l’ex caporalmaggiore, dopo il delitto, ha cercato di depistare le indagini. A questo punto bisogna aspettarsi il rientro della difesa, che aspettava appunto le motivazioni della sentenza per studiare una nuova strategia.

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