ROBERTA RAGUSA – Una nuova testimonianza potrebbe rappresentare la svolta per risolvere il caso di Roberta Ragusa, la donna scomparsa da Gello di San Giuliano Terme, alle porte di Pisa. A parlare è una donna di circa cinquant’anni che abita in provincia di Pisa:
Basta, non ce la faccio più a tenermi dentro tutto questo. Ci ho pensato a lungo e ora ho deciso di parlare, perché il mio racconto potrebbe risultare decisivo per le indagini. E’ successo l’anno scorso tra febbraio e marzo 2012. Un giorno come un altro, se non fosse per l’incredibile scoperta che ho fatto quella mattina. Lavoro per la stessa azienda per cui lavora Antonio Logli, il marito di Roberta Ragusa. Tra le mie mansioni c’è anche quella di pulire i mezzi in uso ai dipendenti e che vengono lasciati parcheggiati nel garage dell’azienda. Wuel giorno, dicevo, ho fatto le pulizie all’interno del furgoncino che fino a qualche mese prima aveva utilizzato proprio Antonio Logli. Quando ho aperto la portiera, mi sono imbattuta in qualcosa che a ripensarci, anche dopo così tanto tempo, vengono i brividi: dentro a quel furgone c’erano due fazzoletti sporchi di sangue.
Gli investigatori, dal primo momento, credono che Roberta Ragusa, titolare dell’autoscuola di famiglia, sia stata uccisa. Da quel momento chi indaga sul caso della donna, sostiene che sia stato il marito ad ucciderla ma manca la prova schiacciante per incastrarlo. Tuttavia, nel caso, sono indagate altre due persone, l’amante di Antonio Logli, Sara Calzolaio, che vive attualmente con lui e i suoi figli, ex segretaria dell’autoscuola ed ex baby-sitter dei figli di Roberta, e Valdemaro, padre di Logli, molto conosciuto perché ricopriva la carica di ex assessore all’Urbanistica del comune di San Giuliano. Entrambi sono accusati di favoreggiamento nei confronti di Antonio, che insieme a lui sostengono che Roberta si sia allontanata volontariamente. Infatti, il marito, il giorno dopo la sua scomparsa, durante la denuncia ai carabinieri, ha raccontato che la moglie aveva battuto la testa e perso la memoria.
Intanto sono state sequestrate due auto, la vecchia ford di Roberta e quella del padre di Logli, una mercedes, per cercare nuovi indizi. Mentre il vecchio furgoncino che utilizzava il marito della donna, in deposito dopo pochi mesi dalla sua scomparsa per un guasto, è stato messo sotto sequestro. Il mezzo, prima del racconto del nuovo testimone, non era stato preso in considerazione. La Gesta, società per la quale lavora Logli e ricopre il ruolo di elettricista, lo aveva sostituito perché guasto, ma in realtà bastava un piccolo intervento di manutenzione per rimetterlo di nuovo in funzione.
Il furgoncino, un fiorino, è stato tuttavia ripulito un mese fa, dalla donna che ha riportato la testimonianza e che ha gettato quei fazzoletti imbrattati di sangue, anche se il furgoncino potrebbe ancora contenere degli indizi, magari ha trasportato il cadavere della donna, e visto che non era malmesso, chiunque ne possedeva le chiavi, poteva rimetterlo in moto.
Come è noto Roberta Ragusa aveva perso i genitori da tempo, ma le cugine, e alcuni parenti di Roma, non si danno per vinti. Amavano la donna e a tal proposito hanno nominato come loro legale l’avvocato Gallinaro, raggiunto dal settimanale Giallo (in edicola questa settimana) al quale ha dichiarato:
Se quando dichiarato in questi giorni dalla collega di Antono Logli è vero, ci troveremo di fronte a un elemento molto importante ai fini delle indagini. Soprattutto nel momento in cui dagli accertamenti che si stanno eseguendo sul furgone sequestrato dai carabinieri, emergessero tracce del Dna riconducibili a Roberta Ragusa.
Quel furgone poteva essere utilizzato solo ed esclusivamente dai dipendenti dell’azienda al quale veniva affidato, e durante le ore di lavoro. Dunque, se si trovassero tracce del Dna di Roberta Ragusa, l’ipotesi sarebbe che sia stata costretta a salire in quel furgoncino, o ancora peggio, trasporta esanime e poi abbandonata chissà dove.
La testimonianza della collega di Logli è tuttavia importante insieme a quelle dei coniugi Gozi che dichiarano di aver visto Roberta e il marito litigare la sera prima della scomparsa della donna, poi un tunisino che invece racconta di aver visto Antonio Logli aggirarsi una notte di gennaio 2012 all’interno di una pineta a Torre del Lago Puccini, una ventina di chilometri da Gello, trascinando un grosso sacco nero; e poi ancora le dichiarazioni di una donna contattata da Logli tramite un sito a luci rosse alla quale avrebbe confidato il suo desiderio di separarsi dalla moglie ostacolato dalla spesa economica che avrebbe dovuto affrontare nel caso di divorzio. Dunque per gli inquirenti è tutto chiaro: il movente del ‘delitto’ è quello economico.
La cugina di Roberta, Sonia Alpini, a fronte di tutti quelli che hanno cercato di ostacolare le indagini per il suo ritrovamento, ha pubblicato sul suo profilo Facebook:
Roberta stai sicura, ti amiamo tutti. I puerili schizzi di fango con i quali qualche sciagurato ttenta di coprire la tua scomparsa non ci preoccupano minimamente, ma, anzi, rinforzano le nostre già ben radicate convinzioni. E cioè che sei stata una madre e una donna meravigliosa.