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Roberto Saviano sulle “lavanderie della camorra”: sequestrati 250 mln di euro

Roberto Saviano sulle "lavanderie della camorra": sequestrati 250 mln di euro

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ROMA – Stamani il primo a parlarne pare sia stato Roberto Saviano, lo scrittore partenopeo sotto scorta, il quale ha pubblicato la sua circa l’inchiesta della DNA (Direzione Nazionale Antimafia) che ha portato al sequestro di 250 milioni di euro, denaro dedito al riciclaggio:

Camorra a Roma. Quante volte avrete frequentato pizzerie, gelaterie e ristoranti nel centro della capitale non immaginando di trovarvi in vere e proprie “lavanderie” della camorra? In luoghi in cui veniva riciclato il denaro sporco dei clan? Un’inchiesta della DNA ha portato al sequestro di 250 milioni di euro al clan Contini, un’organizzazione potente e florida nata nel rione Amicizia di Napoli e guidata dal boss Eduardo Contini, detto faccia d’angelo e ’o romano. Il clan che negli anni sembrava non aver subito scissioni né tradimenti, è caduto proprio sotto i colpi dei collaboratori di giustizia. Eduardo Contini è un imprenditore criminale che ha messo su cordate di imprenditori esclusivamente dedite al riciclaggio. A Roma sono finite sotto sequestro, perché ritenute “lavanderie” di camorra, le catene “Pizza Ciro” e “Sugo”. I ristoranti “Il Pizzicotto” e “Pummarola e Drink” in via della Maddalena, la gelateria “Ciucculà” al Panthenon. Sequestrate anche società con sedi a largo Fontanella Borghese, in via della Maddalena, in via Archimede, ai Parioli. Locali nei pressi del Pantheon, di Piazza Navona, di via del Corso, in via della Vite, via di Propaganda, via della Mercede, via della Maddalena, piazza della Maddalena, piazza della Rotonda, piazza Sant’Apollinare, via Zanardelli, piazza Nicosia. Altri a Prati in via Coldilana, viale Giulio Cesare e via Fabio Massimo. Incredibile quanto capillare sia la presenza della camorra a Roma, anche e soprattutto grazie al lasciapassare della banda della Magliana.

Un’ondata di fan si scaglia sotto il suo profilo per pubblicare la sua e anche ‘Libera’, l’associazione di don Ciotti contro le mafie, dichiara: “«L’operazione di oggi è la conferma che la scalata mafiosa spesso approda nella ristorazione, dove gli ingenti guadagni accumulati consentono ai clan di acquisire ristoranti, pizzerie, bar, che diventano luoghi ideali dove ‘lavare’ denaro e continuare a fare affari. Una conferma che arriva anche dal numero di aziende che operano nel settore della ristorazione ed alberghiero, confiscate in Italia con sentenza definitiva al 31 gennaio 2012: ben 173, pari a circa il 10% di tutte le imprese sottratte ai clan”.

pizza-clanNel mirino della DNA sono rientrati anche alcuni locali Toscani, dunque l’attività mafiosa stava ormai toccando non solo il centro della nostra penisola. Sono infatti 90 i  provvedimenti cautelari, in prevalenza per affiliati ai Contini, ma soprattutto i decreti di sequestri beni emessi dal tribunale di Firenze, dalla procura antimafia di Napoli e dal tribunale di Roma, per un valore complessivo stimato in 250 milioni di euro.
L’intera vicenda riporta alla mente ad un’inchiesta giornalistica portata avanti nel 2011 dal giornale “L’espresso” e che oggi, nell’edizione on line, rispolvera:

Una storia che nasce trent’anni fa in una minuscola friggitoria di via Foria a Napoli chiamata Frijenno magnanno. La gestiva la famiglia Righi che nel 1983 viene coinvolta nell’inchiesta sul sequestro del gioielliere Luigi Presta, rilasciato dopo il pagamento di un miliardo e 700 milioni di lire. Ciro Righi e alcuni dei suoi familiari furono arrestati dai carabinieri nel maggio 1983 per avere ripulito una parte del riscatto. Già all’epoca gli investigatori li ritenevano affiliati alla camorra della Nuova famiglia. Ciro Righi e i figli Luigi e Salvatore furono condannati per riciclaggio. Un altro figlio, Antonio, fu arrestato nel 1998 come “mente logistica del clan Contini. Ma Salvatore Righi, scontata la pena, con la sua famiglia ha avviato un’improvvisa marcia su Roma. Inizia ad aprire nel centro storico una serie di pizzerie con i marchi Pizza Ciro o Ciro e Ciro. La margherita è ottima, il personale ci sa fare e l’avanzata per Salvatore Righi, considerato la mente e il perno economico della famiglia, è inarrestabile. I locali – intestati a società amministrate da due commercialisti – nel giro di pochi anni sbucano negli angoli più suggestivi della città. Con Salvatore e il fratello Antonio sempre presenti alla cassa.

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