La difesa di Massimo Bossetti cerca di smontare la ricostruzione del medico legale autore dell’autopsia, Cristina Chiabotto, consulente dell’accusa nell’omicidio di Yara Gabirasio, sostenendo che la tredicenne non è stata uccisa nel campo in cui è stato rinvenuto il corpo. Nelle ferite della ragazzina sono stati rinvenuti dei fili, come se la 13enne fosse stata avvolta in un plaid e tenuta per lungo tempo in un luogo chiuso. Tutte parole della difesa per supportare che Yara non sia stata uccisa a Chignolo.
La difesa di Bossetti inoltre sostiene che l’arma del delitto è molto importante, e che le ferite al corpo di Yara non potevano essere state causate dal coltellino in possesso del suo assistito, un Opimel, che tuttavia, anche questo, non è mai stato ritrovato. Intanto la massima esperta in Italia di accertamenti su morte violente, la professoressa Cattaneo, ha dichiarato che tutti gli elementi l’autorizzano a ritenere che Yara fosse morta proprio in quel campo, non erano presenti segni che potrebbero far pensare ad un trasferimento del corpo dopo l’aggressione: “Lavoro in questo campo da 20 anni – aveva detto il medico legale – e non ho mai visto corpi trasportati da un luogo a un altro che non presentassero tracce di quell’altro luogo. Così è stato anche in questo caso”. Yara morì il giorno della sua scomparsa, e anche se non sono state le ferite ad ucciderla, i colpi alla testa e l’essere stata per lungo tempo in stato di ipotermia a Chignolo d’Isola l’hanno comunque uccisa.
Anche oggi, come mercoledì scorso, l’udienza per la sua morte è avvenuto a porte chiuse per via delle forti immagini che ritraevano il corpo di Yara Gambirasio senza vita.