Topo geneticamente modificato che non sente il dolore

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Topo geneticamente modificato che non sente il dolore. Un’equipe di scienziati londinesi è riuscito a dar vita al primo topo geneticamente modificato incapace di avvertire il dolore fisico. Servirà per studiare una patologia congenita molto rara del sistema nervoso, caratterizzata fondamentalmente da assenza tattile e anidrosi (assenza della sudorazione) e quindi impossibilità di avvertire il dolore, il calore e il freddo.

Realizzato topo geneticamente modificato che non sente il dolore

Pubblicata sulla rivista Nature Communications, la ricerca è stata condotta in Gran Bretagna, nella London Global University e ha portato alla realizzazione del primo topo geneticamente modificato in modo da non avvertire il dolore fisico, che aiuterà a studiare la CIPA (Congenital Insensitivity to Pain with Anhidrosis), una patologia rara che porta all’insensibilità congenita al dolore con anidrosi.
Grazie al topo gm, i ricercatori hanno scoperto che la malattia è dovuta al malfunzionamento di uno dei canali che permettono ai segnali nervosi di attraversare la membrana cellulare.
Privato il topo di questo canale, chiamato Nav 1.7, si è visto non solo il meccanismo che impedisce di essere sensibili al dolore, ma anche il modo di superarlo.

I ricercatori hanno infatti scoperto che sia il topo gm sia le persone prive del canale Nav 1.7 producono quantità maggiori delle sostanze oppioidi naturalmente prodotte nell’organismo.
Per riportare la situazione alla normalità e per verificare se effettivamente fosse la grande quantità di oppiodi a rendere insensibili al dolore, i ricercatori hanno somministrato al topo gm una sostanza nota per contrastare gli oppiodi, chiamata naloxone. A questo punto i topi gm hanno provato dolore.
La stessa sostanza è stata quindi somministrata a una donna di 39 anni colpita dalla malattia: per la prima volta nella sua vita ha sentito stimoli dolorosi.
I risultati potrebbero avere applicazioni anche per tutti i malati che soffrono di dolore cronico, ma che rischiano di sviluppare nel lungo periodo dipendenza ai farmaci oppioidi.

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