Una donna cammorrista. Non quelle che si vedono nei film, non le donne strateghe che si nascondono dietro agli uomini facendoli diventare delle marionette e gestendo non solo il focolare, ma l’intero giro di affari.
Questa donna, Giò Arrivoli, 41 anni, aspirava a diventare un vero “uomo” di camorra. La donna è stata uccisa con 3 colpi di pistola. Prima rapita e poi l’esecuzione. Gli inquirenti hanno scoperto che dietro questo brutale omicidio c’è la criminalità organizzata legata alla provincia nord di Napoli.
La donna gestiva un bar nel quartiere 219 a Melito che era una vera e propria base degli scissionisti dove si trafficava qualsiasi tipo di stupefacenti. Giò, così era il suo nome mascolino, aveva già precedenti per droga, scarcerta nel 2012 era stata capopiazza e inizialmente si è ipotizzato che il delitto fosse scattato a causa di una partita di droga non pagata.
Inizialmente è stato incarcerato un uomo per questo omicidio, accusato di aver seppellito e occultato il cadavere di Giò. Lo stesso è stato poi rilasciato dal giudice secondo il quale non vi erano indizi necessari al suo coinvolgimento. In base alle nuove scoperte da parte degli inquirenti pare che non sia stata una partita di droga non saldata da parte di Giò: la donna, che aveva sempre rifiutato il suo stato, tanto da farsi recidere il seno, si era rifiutata di entrare in affari con i clan Amato-Pagano. Gli scissionisti nati dalle viscere del clan Di Lauro sarebbero i responsabili della morte della donna