Massimo Giuseppe Bossetti è stato condannato per aver ucciso Yara Gambirasio, la bambina scomparsa da Brembate Sopra nel mese di novembre 2010 e trovata qualche mese dopo in un campo aperto di Chignolo d’Isola.
Dopo cinque anni il nome del colpevole. I giudici della Corte d’Assise di Bergamo, dopo una camera di consiglio, durata 10 ore, hanno emesso il verdetto. La Corte, presieduta da Antonella Bertoja, non ha riconosciuto all’imputato nessuna attenuante imputandogli di più: l’aggravante della crudeltà e delle sevizie sulla giovane e condannandolo all’ergastolo.
L’unica cosa che la corte non ha accolto è la richiesta da parte del pm, Letizia Rugeri, di sei mesi di isolamento. Ha però tolto a Bossetti la patria potestà sui figli e interdetto dai pubblici uffici.
Il risarcimento. Il muratore di Mapello è stato inoltre condannato a risarcire 400mila euro ciascuno i genitori di Yara Gambirasio e 150mila euro per ognuno dei fratelli della 13enne. È stato assolto però dall’accusa di calunnia nei confronti di un collega verso il quale aveva cercato di indirizzare le indagini
Come sempre, durante la sentenza, la sua è stata una presenza di un uomo impassibile, che accettava la la decisione di giudici, immobile. Forse l’unica parte in cui ha esternato un’emozione è quando gli è stato comunicato della perdita della patria potestà sui figli ai quali teneva. Prima che le guardie lo allontanassero dall’aula di Tribunale con un cenno della testa ha salutato la moglie, Maria Comi, presente in aula.
Tuttavia, prima della sentenza, in aula, è stata letta una lunga lettera in cui Bossetti si professava innocente e che chiedeva disperatamente ai giudici di ripetere il test del DNA, secondo loro l’elemento chiave che lo avrebbe incastrato.