Stefano Argentino, 27 anni, si è tolto la vita nel carcere di Gazzi a Messina nel pomeriggio di martedì 6 agosto. Argentino era in attesa di processo con l’accusa di aver ucciso, lo scorso 31 marzo, la 22enne Sara Campanella, sua ex collega di università. Il giovane si sarebbe impiccato dopo essersi allontanato dai suoi compagni di cella; il suo corpo è stato ritrovato dagli agenti della polizia penitenziaria poco dopo le 17. Nonostante fosse stato rimosso dal regime di alta sorveglianza ed avesse ripreso a mangiare dopo un periodo di digiuno, Argentino è riuscito a portare a termine il gesto estremo. Nei giorni precedenti, la madre aveva rivelato le difficoltà psicologiche del figlio e il suo desiderio di farla finita.
Il femminicidio di Sara Campanella aveva sconvolto la città di Messina. La giovane era stata aggredita all’uscita dalle lezioni universitarie in viale Gazzi, vicino al Policlinico dove studiava e svolgeva il tirocinio. Secondo le indagini, Argentino l’aveva pedinata e poi colpita con cinque coltellate prima di fuggire a Noto, sua città d’origine, dove fu fermato dai carabinieri poche ore dopo. Argentino aveva poi confessato, ammettendo di aver agito perché respinto dalla ragazza. L’arma del delitto non è mai stata trovata.
Il processo per femminicidio sarebbe dovuto iniziare il 10 settembre davanti alla Corte d’assise di Messina. Con la morte di Argentino, il procedimento giudiziario si chiude senza una sentenza. Nel frattempo, la Procura ha aperto un’inchiesta interna per chiarire le modalità del suicidio e verificare eventuali responsabilità nella gestione della sorveglianza carceraria, soprattutto alla luce dei segnali di disagio manifestati dal detenuto nelle settimane precedenti. Il caso riaccende l’attenzione sulle condizioni di fragilità psicologica dei reclusi e sull’adeguatezza delle misure di tutela all’interno delle carceri italiane.