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Recensione: Miele, il debutto di Valeria Golino

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RECENSIONE – MIELE – Il debutto di Valeria Golino nella regia di un lungometraggio : Miele, ammesso alla sezione Un Certain Regard del prossimo Festival di Cannes, è un film inteso, che tratta un argomento forte in maniera non pretenziosa. Irene, alias Miele (Jasmine Trinca), è una giovane che aiuta i malati terminali e si occupa dei suicidi assistiti “nel modo più dolce possibile”. Un’attività considerata illegale dalla società: realizza la volontà dei malati e, in cambio di soldi, somministra loro un farmaco letale; ma si sa, “nessuno vuole veramente morire”. Parallelamente, Miele è incapace di uscire dalla solitudine della sua  vita privata, fatta di rapporti occasionali sia in amore che in amicizia; sarà l’incontro inaspettato di un vecchio ingegnere a farle cambiare rotta, a mettere in dubbio tutte le sue certezze.

Tratto liberamente dal romanzo A Nome Tuo di Mauro Covacich, il film tratta ancora una volta l’argomento già approfondito dal controverso e chiacchierato film di Marco Bellocchio, Bella Addormentata. La regia di Valeria Golino appare però meno razionale; il film intende umanizzare la figura di Miele, una donna che stancamente si occupa del delicato momento del trapasso dalla vita alla morte e che, per effetto dell’abitudine, non sente più dolore, non sente più emozioni.

Un film drammatico e sentimentale, che non vuole essere polemico ma che a tratti manca di intensità: non esiste solo il male fisico e l’eutanasia è l’unico sollievo possibile per le anime in pena dei malati terminali.