Walter Visigalli, 48enne di Monza, privato della mano destra all’età di tredici anni da una trebbiatrice, è stato il primo a subire il trapianto di mano. L’intervento sembrava un successo fino allo scorso giugno, quando a causa di problemi legati al rigetto i chirurghi decisero di amputare l’arto. Ma l’uomo non si arrese e a settembre accettò di farsi applicare una mano bionica. Un arto di carbonio e titanio con rivestimento in silicone, che si ricarica di notte come un telefono cellulare ed è stato ideato da una società che ha sede a San Marino. Un altro intervento pionieristico, ma con risultati ancor meno entusiasmanti.
Così è arrivata la decisione di Walter di riconsegnare la mano bionica all’ospedale per i troppi problemi legati ad esso: il collegamento dell’arto al braccio crea graffi e ematomi difficili da far guarire, la presa non è ben controllabile e la sensibilità non è adeguata. Fastidi cui si sarebbe potuta trovare una soluzione, ma a far innervosire i coniugi Visigalli è stato il fatto che per quattro volte in poche settimane l’uomo sia andato avanti e indietro fino agli uffici della ditta che ha progettato la mano bionica, senza ricevere udienza e chiarimenti.