Recensione “A Napoli non piove mai”: un mix dolce amaro tra favola, verità e tante risate

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A Napoli non piove mai, un film di Sergio AssisiA Napoli non piove mai” è la bellissima metafora che spesso tutti attribuiscono al fatto che a Napoli “più o meno” splende sempre il sole. Ma non è così, anche a Napoli ogni tanto piove, è la metafora di questi gran filosofi dei “fattarielli” vuole indicare come davanti ad ogni difficoltà c’è sempre qualcuno che ti “ripara” o che ti copre con l’ombrello. Sergio Assisi, alla sua prima opera da regista, è riuscito a creare una Napoli che sogna ad occhi aperti ma che si muove in mezzo alla vita reale adattando quella sua faccia da schiaffi nel ruolo di Barnaba, che grazie ai suoi siparietti, mai volgari, riesce a ricreare classici atteggiamenti e movenze di un napoletano medio, un eterno Peter Pan che a quasi quartant’anni vive ancora con i genitori ma sogna di diventare fotografo.

LA TRAMA –  Dopo l’ennesimo litigio con il padre e con la fidanzata che lo lascia a causa del suo essere un eterno Peter Pan, il napoletano Barnaba cerca ospitalità dagli ex compagni di scuola e trova le porte aperte da Jacopo, che soffre di sindrome dell’abbandono da quando è stato mollato sull’altare. Certo che San Gennaro possa aiutarlo, Barnaba lo prega ogni giorno in una piccola chiesa sperando che le sue preghiere vengano accolte e che qualche bancomat inizi ad erogare delle banconote anche se il suo conto è in rosso; mentre è in preghiera un giorno conosce la restauratrice Sonia. Milanese appena laureata, Sonia soffre della sindrome di Stendhal, un problema non da poco per chi fa questo mestiere, e ha accettato un lavoro a Napoli solo per poter sfuggire al padre e allo spasimante, di nome “Crocefisso”, ma non è nulla in confronto al cognome della ragazza (credetemi, ndr). L’arrivo di Sonia nelle vite di Barnaba e Jacopo porterà grandi cambiamenti per tutti.

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Il film di Sergio Assisi si immerge in scene favoleggianti che fanno della metropoli partenopea una città fantastica anche se avvolta da una serie di concrete difficoltà. E chi è subito pronto a scrivere che neo regista abbia tentato il triplo salto mortale con un film unicamente scritto e diretto da lui dovrà ricredersi: a partire dal fatto che si è circondato da professionisti del mestiere, la maggior parte sono attori teatrali che conoscono bene le emozioni che sono state in grado di riportarle al cinema donando alla pellicola un gradito effetto. A partire dal personaggio di Jacopo, che è stato una rivelazione, sostenuto dall’incisiva presenza scenica di Nunzia Schiano nel ruolo della perpetua della chiesa e Francesco Paolantoni, attore conosciuto dal pubblico nazionale, nel ruolo di pompiere che in ogni momento è pronto a sventare i suicidi tentati da Jacopo che soffre di sindrome dell’abbandono dopo che la fidanzata lo ha lasciato sull’altare. Scelta azzeccatissima anche quella di Valentina Corti, attrice di “Un medico in famiglia”, e il suo look un po’ pin-up e il suo modo di essere, tuttavia, naif, riesce a sorprendere con una buona interpretazione.

LA PRESENTAZIONE – Assisi, attualmente impegnato nel tour di promozione di questo film, ieri sera al “Cinema Plaza” di Napoli, ha fatto il suo intervento in sala, a metà film, scatenando ovviamente le fan accorse per poterlo vedere dal vivo insieme a tutti gli altri spettatori, godendo di un film che non pretende nulla, se non quello di far divertire, filosofeggiare alla maniera dei partenopei, e omaggiare quella che è stata per il regista una grande scuola: il cabaret e il teatro napoletano.
E’ lo stesso attore/scrittore/regista che supportato da Francesco Paolantoni, anche lui presente in sala, ha spiegato il percorso del film e a quanti credono che abbia magari fatto il passo più lungo della gamba. Sergio Assisi non si è improvvisato regista, è da anni che lavora su questa pellicola e tra un impegno e l’altro, sempre con tanta passione, è riuscito a lanciare il suo primo prodotto cinematografico. Ha inoltre fatto presente quante richieste gli sono state fatte in passato per realizzare un “film commerciale”, con annesse volgarità e parolacce, e come abbia rifiutato cercando di mantenere la sua idea più genuina.

Dal nostro canto vi possiamo dire che durante il film un’ondata di gioia vi attraverserà l’anima, e anche se alcune scene sembrano semplici, non perde mai la sua energia narrativa e soprattutto visiva, avvalendosi di un ottima fotografia (di Claudio Marceddu) e una colonna sonora rivisitata in chiave jazz e attuale da Louis Siciliano Aluei. L’intento di Sergio Assisi è la catarsi di una città che da sempre si deve difendere dalla “brutta nomea” e in questa pellicola c’è la mostra in tutta la sua bellezza valorizzando quei luoghi comuni che vivono costantemente nella quotidianità di questo popolo, e anche se a volte sembra emergere qualche dettaglio naif o banale (vi assicuriamo, non lo è mai, ndr), la regia, in qualche modo, subito si riprende, grazie a che cosa non è dato sapere, ma come direbbe Barnaba che “è tutto un fatto”.

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